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TRAMA:
una famiglia come tante e due fratelli che hanno
bisogno di un po’ di soldi facili per risollevare la loro
situazione economica. Niente di più semplice che organizzare una
rapina proprio nella gioielleria di mamma e papà, tanto ci penserà
l’assicurazione del negozio a ripagarli del danno subito. Peccato
che le cose non vanno come previsto e la donna rimane uccisa. Non
c’è tempo per i sensi di colpa: bisogna subito cancellare
qualunque prova che possa incastrare i due fratelli. |
COSA NE PENSIAMO: l'ultimo
film del leggendario Sidney Lumet è uno spietato teatrino di
burattini senz’anima, in una società dominata dal “peggiore
degli ospiti”: il nichilismo. E se Baudelaire asseriva con
decisione che “la grandezza del Diavolo è quella di farci credere
che egli non esista”, vedendo questa pellicola non possiamo non
dargli ragione, perché siamo di fronte ad una vera e propria
discesa agli inferi, che scava nel cuore (di tenebra) di una
famiglia borghese, all’apparenza saldamente unita, ma nella quale
in realtà ognuno è perso nel vortice della propria solitudine (lo
spleen baudelairiano per l’appunto), con le proprie debolezze,
fragilità e difficoltà di ogni giorno. E se il Diavolo è lì,
dentro ognuno di noi (il titolo originale del film è, non a caso,
“Before
the devil knows you’re dead”), puoi ideare un piano
perfetto, convinto che nessuno ti scoprirà, salvo poi capire che
sei in trappola (come accade al fratello maggiore, Andy,
interpretato magistralmente da Hoffman) o provare a scappare dagli
altri e da te stesso e, chissà, credere di averla fatta franca
(come fa un fragilissimo Ethan Hawke, nei panni di Hank, il fratello
minore). Ma la resa dei conti è inevitabile e non c’è spazio per
il perdono, neanche da parte di un padre (Albert Finney) che,
accecato dal dolore e dall’odio, compie un ultimo gesto disperato,
a chiusura di un cerchio che sembra non lasciare scampo a nessuno.
Insomma, un film tanto forte da riuscire a trasformarsi in uno
spaventoso “incubo familiare”, non lontano da tanti episodi di
cronaca che macchiano giornalmente le pagine dei nostri quotidiani.
Ed il tutto è reso ancora più (in)credibile dalla magistrale
bravura dei personaggi in scena, così perfetti da colmare le lacune
di una regia che fatica a mantenere il ritmo dell’azione, causa un
montaggio non lineare (per raccontare la vicenda dai diversi punti
di vista), che alla lunga rischia di annoiare lo spettatore. Ma il
film colpisce anche per alcune immagini di una forza assoluta, come
quella della rapina, tanto grottesca da risultare ridicolmente
agghiacciante, e quella in cui un disperato Seymour Hoffman,
abbandonato anche dalla moglie (Marisa Tomei), distrugge la propria
casa, in un moto d’ira tanto ordinato e controllato da far
da contrappunto all’incapacità emotiva del protagonista, immerso
in un disordine interiore devastante. Quel disordine che l’ha reso
protagonista di un “moderno” “delitto e castigo” in piena
regola.
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IL NOSTRO CONSIGLIO:
una
storia complessa, che deve la sua grandezza soprattutto ad un cast
di prim’ordine. Da vedere. |
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Le immagini sono © e ® MEDUSA
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